Circa venti anni fa, quando ho iniziato ad
andare in tavola, la popolazione degli snowboarders di divideva più o meno
equamente tra hard e soft boots.
Chi arrivava dallo sci di solito iniziava con
gli scarponi rigidi (magari proprio quelli da sci, pessima idea), chi non aveva
mai sciato imparava coi soft.
I soft erano un po’ più comodi, facili e
divertenti; i rigidi erano più veloci e andavano meglio sulle neve dura.
I due sistemi avrebbero potuto convivere
tranquillamente se gli hardbooters non si fossero iperspecializzati con tavole
sempre più dure e strette, sempre più inutilizzabili in condizioni normali.
Se usavi i rigidi dovevi avere una Tropical Tube
poco più larga di uno sci col risultato che dopo un paio di stagioni gli
snowboarder con gli hard erano rimasti in pochissimi, per poi estinguersi del
tutto stile dinosauri.
Oggi il 99.9% degli snowboarders usa i soft,
gli scarponi e le tavole hard non si trovano neppure più in negozio.
Cosa c’entra tutto questo con la bici fissa?
Mi sembra che 2 discipline che ho amato molto
ai loro albori, stiano facendo la stessa fine: il freestyle e il polo.
Per il freestyle, già non troppo amato in
partenza, siamo passati da normali bici da pista a telaietti stile dirt con
ruote da 26” e movimento altissimo per poter usare i pegs.
Io streettavo in 26” (MTB) prima di
appassionarmi di fissa e ho visto l’evoluzione di miei amici passare prima alle
ruote da 24” per finire alle BMX da 20”; il fixed freestyle poteva evolversi in
qualcosa di estremamente interessante, per scimmiottare la BMX, tanto vale
usare una biemme.
Anche il polo si è superspecializzato, bici a
ruota libera con rapporti cortissimi, tanto che per andare a giocare è d’obbligo
prendere l’auto visto che la bici è diventata quasi impedalabile in strada.
Tornei di 2-3 giorni in giro per l’Italia e
per il mondo, gioco a livelli altissimi, certo è normale evoluzione, il rischio
è che ben poca gente abbia voglia di incominciare oggi ritenendo la cosa troppo
impegnativa, anche perché si è evoluto
il gioco, ma non gli spazi per giocare.
Il rischio è che uno sport bello e divertente
come il polo si chiuda a riccio su se stesso rintanandosi sempre più nella sua
nicchia nascosta.
Intendiamoci, io non sono affatto contento di
questa cosa, specie perché sono stato tra i fautori del freestyle e uno dei
promotori del polo a Torino, ma non mi piace la direzione che hanno preso
entrambe le attività e temo che alcune scelte possano alla fine impedirne la loro
diffusione e successo.