lunedì, agosto 19, 2013

Born to Run

E’ da un po’ che voglio scrivere di questo libro.
Born to Run è scritto da un giornalista appassionato di corsa, con un problema: “perché sono sempre infortunato? “
Perché quasi tutti quelli che corrono subiscono continui infortuni?
Parallelamente ad una avventura alla ricerca degli indiani Tarahumara, in grado di correre per giorni in semplici sandali e la storia di una folle competizione con i migliori specialisti di trail running sulle lunghe distanze e gli indiani stessi; l'autore dipana una inchiesta sulla corsa, tra antropologia, marketing, sport e biologia in cui, alla fine, l’uomo viene fuori come la macchina definitiva per la corsa creata dalla natura.
Meccanicamente parlando, la corsa dell’uomo è più efficace di quella di qualunque altro animale, nessuna creatura sul pianeta terra è capare di correre per ore e ore a velocità sostenute come può fare un essere umano.
Perché quindi, se siamo così perfetti, ci facciamo continuamente male correndo?
Perché non sappiamo più correre, perché ci ostiniamo ad usare scarpe superammortizzate e protettive che dovrebbero aiutarci e invece ci danno una falsa sensazione sull’appoggio del piede e ci portano a farci male.
Come combattiamo la cosa?
Comprando scarpe più costose e più ammortizzate che ci fanno sbagliare ancora di più.
E le aziende fanno soldi su questa cosa.
Invece dovremmo correre con sandali minimalisti o ancora meglio a piedi nudi e semplicemente ri imparare a correre.
Da quando ho letto la prima volta il libro un anno fa ho fatto molta attenzione a come corrono le persone ed in particolare i bambini (avendone 2 in casa mi è anche molto semplice).
Ebbene i bimbi sotto i 3-4 anni corrono appoggiando solo l’avampiede in modo perfetto, poi col passare del tempo disimparano, tanto che a 7-8 l’atterraggio col tallone lascia sulla sabbia bagnata una impronta più profonda rispetto all’avampiede (prove fatte coi miei 2 pupi quest’estate in spiaggia)
Che è quello che fanno tutti i Joggers adulti al parco.
Praticamente è maggiore l’impatto a terra (e la conseguente frenata) rispetto alla spinta propulsiva (!) con conseguenti traumi agli arti inferiori.
Che è la stessa cosa che succede nel mondo delle bici, mezzi sempre più leggeri, con più rapporti, maggior escursione degli ammortizzatori; risultato: siamo incapaci di pedalare decentemente e cosa facciamo?
Compriamo bici più leggere, con più rapporti e maggiori escursioni … che non servono ad un cazzo.
Vent’anni fa le salite del Tour si facevano con bici in acciaio e il downhill con bici da XC con forcella ad elastomeri da 5cm di escursione!
Ah, il libro c’è solo in lingua originale, sapete come la penso al proposito.

1 commento:

  1. Caro Aldo. Sottoscrivo in pieno le tue affermazioni e nel mio lavoro di trainer inizio sempre il discorso con la tecnica di corsa naturale (ovvero non mediata da scarpe).
    Personalmente corro da anni e quando iniziai da bambino (come velocista), la scarpa era "piatta". Ci si allenava con le Superga! Ora corro lunghe distanze in appoggio mesopodalico con scarpe minimaliste e,contrariamente alla maggioranza dei runner, non ho mai avuto un infortunio serio, anche quando viaggio su medie da 120 km settimanali.

    L'ammortizzazione è come una medicina: può essere utile in caso di malattia ma alla lunga crea dipendenza (è una sovrastruttura del consumo).

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