Seconda recensione di un libro in questo blog,
e di nuovo non si tratta di un libro di biciclette.
“Let my people go surfing” è la storia di Yvon
Chouinard, fondatore prima dell’azienda che sarebbe diventata Black Diamond, e
poi di Patagonia.
Il libro è l’avventura di un imprenditore per
caso, di uno che ha iniziato a fare chiodi da roccia e attrezzatura per
arrampicare principalmente perché in mercato non offriva i prodotti che
servivano a lui ed ai suoi amici per salire le pareti dello Yosemite.
La storia di uno che ha iniziato ad
arrampicare con una maglietta da rugby e poi visto che le volevano anche gli
amici ha iniziato, prima a distribuire e poi a produrre abbigliamento per
alpinismo ed arrampicata fondando la Patagonia.
Ma la storia di Patagonia non quella della
solita azienda di articoli sportivi, iniziata in piccolo e diventata
mainstream, per finire col trasformarsi nel solito pezzo di multinazionale.
E’ la creazione di un nuovo sistema di
produzione e distribuzione che mette al primo posto non il prodotto, ma
l’ambiente.
Senza un ambiente incontaminato non è
possibile fare attività all’aria aperta, col risultato che i prodotti di una azienda
come Patagonia non hanno senso di esistere, quindi prima ancora dei prodotti,
fondamentale è la difesa dell’ambiente e del mondo in cui viviamo.
Yvon, non ha perso tempo a lamentarsi dei
politici e delle strutture, ha fatto di alcune scelte radicali e la sua azienda
è diventata l’esempio da seguire.
“Let my
people go surfing” è la dimostrazione che un altro sistema è possibile,
che si può avere un’azienda che produce con un minimo impatto ambientale
prodotti destinati a durare e non ad essere cambiati nel giro di pochi mesi,
con dipendenti che sono liberi di assentarsi ed andare a surfare se ci sono
buone onde (da qui il titolo del libro), che possono stare scalzi in ufficio
coi piedi sulla scrivania purché svolgano correttamente il loro lavoro.
Patagonia,
stante questi presupposti, inaccettabili nel 99.99% delle altre aziende (specie
italiane), è solida ed in attivo, cosa che non si può certo dire di tante altre
situazioni molto più “ingessate”.
Io l’ho letto in inglese, ho scoperto poi che
esiste anche la versione tradotta in italiano, fatevi un favore, leggetevelo in
lingua originale.